

| Il Cortile di Alessandro VI, anche noto come “del teatro” per le rappresentazioni che, probabilmente, al tempo di Leone X Medici (1513-1521), qui si tenevano per il papa e la sua corte, è caratterizzato da uno spazio semicircolare derivato dalla forma del cilindro adrianeo. L’edificio, che chiude lo spazio del cortile verso Sud, si articola su due livelli. Al piano di calpestio sono numerose porte che danno accesso a piccole sale comunicanti. Al di sopra si notano una fila di finestrelle quadrate ed alcuni graffiti, molto rovinati, raffiguranti divinità. Più in alto, un fregio a festoni e putti corre tra una seconda fila di finestrelle, proseguendo sul corpo di fabbrica laterale. Il tedesco Fichard, che nel 1536 visitò l’interno del castello, descrisse nel suo diario i “giardini angustissimi, ma di amenissimo aspetto, ornati di pitture” che si estendevano nello spazio del cortile. La presenza di un giardino con alberi di alto fusto è testimoniata anche da altre fonti cinquecentesche: un affresco di G.B. Montano (1565), ora nella Chiesa della SS. Annunziata in Borgo, che raffigura la scena dell’Apparizione dell’Angelo sul Castello, e il racconto autobiografico di Benvenuto Cellini, che “proprio sotto il giardino” fu imprigionato nel 1539. La sua esistenza rimanda all’originario giardino pensile, di piante sempreverdi, del Mausoleo di Adriano. Anteriore ad Alessandro VI Borgia (1492-1503), cui si deve gran parte dell’assetto di questa parte del castello, è una grande cisterna per l’acqua posta al di sotto del piano di calpestio, probabilmente presente sin dall’età romana e funzionale al mantenimento del tumulo arboreo. La cisterna, dove l’acqua raccolta dal Tevere veniva purificata per decantazione, è costituita da tre vasche comunicanti, in corrispondenza delle quali sono tre grandi tombini in travertino. Ad essa attingeva il bel pozzo marmoreo, decorato con lo stemma Borgia. Altre aperture sul pavimento del Cortile segnalano la presenza dei sottostanti ambienti delle oliare. Il cortile ospita attualmente, a testimonianza dell’allestimento novecentesco del Museo, una catapulta lignea, ricostruita su modello medievale, e due recinti contenenti grandi munizioni sferiche in pietra grossolanamente sbozzata. Originariamente utilizzate come armi da gettare dall’alto del Castello, le pietre furono in gran parte ritrovate negli anni Trenta durante lavori di sterro eseguiti nell’Ambulacro di Bonifacio IX. |